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Immagine del redattoreGabriele Canella

Camminare lentamente nel bosco

Prima passeggiata fotografica nel bosco da quando l'inverno ha definitivamente sancito di non volerne più sapere. Al sole le temperature sono piacevoli ma un filo d'aria più fredda - di tanto in tanto - gioca tra le dita e agita i fiori penduli dei noccioli. Sono delle coccole insidiose, quelle che ci invitano a togliere la giacca ma che portano i malanni di stagione.

Come di consueto, nell'esplorazione boschiva mi accompagna Maya, già eccitata per il numero di pigne di abete che potrò lanciare. Saliamo dietro casa, una zona molto bella e tranquilla ma che prevede una salita parecchio ripida - ecco il motivo per cui non incontro mai nessuno - che inizia tra frassini, noccioli, larici e si conclude in un bosco prevalentemente di abete rosso. La prima parte è una stradina forestale, poi si trasforma di colpo in poco più di una traccia. Mi piace esplorare la zona in ogni stagione, è anche piuttosto facile fare avvistamenti di animali selvatici.


Trovo sia importante concedersi in solitudine una passeggiata nel bosco, puntando l'attenzione alle bellezze che ci circondano. Ovviamente bisogna tenere presente - soprattutto in zone impervie - che andare da soli non è così prudente. Basta una storta, uno scivolone, l'incontro con un vespaio o una sorpresa troppo ravvicinata con l'orso per obbligarci ad affrontare la brutta situazione in autonomia. Spesso non c'è nemmeno copertura telefonica. Non voglio fare terrorismo, ma la consapevolezza di quelli che sono i pericoli è il primo passo per evitare problemi.


Nel bosco - e soprattutto tra il sottobosco - si incontrano situazioni affascinanti, si incontrano la vita e la morte con lo stesso vigore. Lo scheletro di un cervo, legno marcescente, escrementi di lupo pieni di pelo, piante schiantate dal vento. In nessun luogo come nella foresta si normalizza l'importanza del cerchio della vita e della morte. Gli elementi si trasformano e ciò che è morto diventa assolutamente necessario per la vita di qualche altro organismo.


Io e Maya procediamo in silenzio quando la visuale mi consente di controllare a distanza che non ci siano animali, cerco invece di fare un po' di rumore prima di curve cieche o dove il bosco si fa fitto. Un semplice accorgimento per non trovarmi troppo vicino a un selvatico e per dargli il tempo di fuggire in sicurezza. Maya non si allontana, la sua attenzione è tutta sulle pigne che di tanto in tanto le lancio. L'unica situazione che la distrae dalle pigne è chi dalle pigne trae nutrimento: lo scoiattolo. Quando sente scoiattoli arrampicarsi sugli alberi impazzisce. Intanto posso fotografare il banchetto di questo bellissimo roditore.


Il muschio e i licheni danno colore al grigiore della fine dell'inverno.

Sono forme di vita che amo toccare, accarezzare, annusare. Anche solo contare le diverse varietà di licheni su una roccia o su una pianta possono occupare una buona mezz'ora.

Quasi nessuno si accorge che la maggior parte delle rocce che si incontrano durante le escursioni sono completamente ricoperte di organismi viventi che ne nascondono l'aspetto minerale.


Alcuni licheni sembrano pitture, colate di colore tra le fessure e i diedri delle pareti rocciose. Brillano nella penombra, giocano con le luci. E loro la roccia riescono a disgregarla e fanno in modo che anche dei luoghi che sembrano invivibili vengano colonizzati anche da altra vita.


Che dire poi dei funghi, onnipresenti, a volte visibili ma la maggior parte delle volte invisibili. Traggono nutrimento dalla morte e contribuiscono a portare colore nel bosco.


Anche il sentierino a un certo punto si perde, percorro quindi il bosco "a sentimento" approfittando dei camminamenti dei cervi e delle aperture create dai più recenti tagli di legname. Tengo Maya più vicina a me ma la visuale è molto buona, riesco a scorgere a centinaia di metri una femmina di cervo col piccolo dell'anno scorso. Il cane nemmeno solleva la testa, per terra è pieno di pigne, c'è l'imbarazzo della scelta.


Dove il versante diventa una specie di dosso, incontriamo parecchi alberi schiantati dal vento. Non risalgono all'episodio della tempesta Vaia, sono schianti molto recenti. Forse le folate di forte favonio di fine febbraio hanno dato il colpo di grazia a piante già deboli.

Anche le forme delle crepe, dei tronchi sfibrati e delle spaccature degli schianti sembrano piccole opere d'arte. Il contrasto tra l'evento tragico e la bellezza è forte.


Tra le fibre non si intravede sofferenza, tutto appare surreale. Le linee sembrano indicarci delle direzioni da prendere, delle strade da percorrere. Ci indicano il cielo, ci indicano la terra, ci indicano i loro compagni. Gli alberi sono quello che lega l'aria alla terra, anche quando muoiono.


Già me li vedo, tra qualche mese, ricoperti di muschio e invasi da invertebrati di tutti i tipi, che nel legno troveranno cibo e protezione. I funghi troveranno una ricchezza. I picchi verranno a bucare i tronchi spezzati in cerca di larve.


Prima o poi perderanno la sembianza di albero e diventeranno humus o un elegante tappeto nel sottobosco. Lo stesso accade a ciò che rimane di un taglio di legname da parte dell'uomo. Maya mi lascia una pigna su delle cortecce, vuole che la lanci.

Alcuni ruscelli percorrono il versante della montagna da in cima fino al fondovalle. Sono corsi d'acqua nascosti, scorrono in zone impervie e formano una miriade di cascatelle e giochi di luce con gli schizzi.


Camminando lungo il bordo di questi ruscelli si possono ascoltare armonie diverse a ogni metro. Il suono cambia in base a ciò che l'acqua colpisce, in base ai mulinelli, alle pietre.


In alcuni tratti il pendio si fa magnanimo e lascia scorrere l'acqua dritta senza ostacolarne troppo il percorso. Maya si diverte a percorrere il fluire dell'acqua controcorrente. Io mi diverto ad osservare ed ascoltare.


La strada per il ritorno è quasi la stessa dell'andata. Ma non si vedono le stesse cose. La prospettiva cambia e si fanno altre scoperte. Un giovane abete sopravvive alla caduta dei massi. Ferito, fieramente cresce e cerca di farsi strada verso il cielo, tra gli altri giganti del bosco.



Molti scoiattoli qui trovano di che cibarsi. Amo fermarmi ad osservare i loro "tavolini" dove desquamano le pigne per prendere i preziosi e nutrienti semi.


Quanto è bello prendersi il tempo per curiosare? Nessuna meta, nessuna fretta. Ammirare i dettagli, ammirare i giochi di luce, ascoltare il vento e le cince. Mi siedo e tra un lancio di pigna e l'altro scatto qualche foto a ciò che mi circonda.


Alcune gocce riescono a schivare, in caduta, le chiome degli alberi e mi arrivano in testa. Il cielo si è fatto scuro, l'aria è umida, la pioggia sta arrivando. Meglio tornare. C'è di buono che ora è tutta discesa.


Le infiorescenze dei noccioli si agitano più di prima. Metto il guinzaglio a Maya, che non fa opposizione, e ritorno in paese. Sono soddisfatto, non ho camminato a lungo ma mi sono ricaricato. Ho fatto pochi scatti ma ho avuto il tempo di metterci attenzione. Spero possano essere d'ispirazione per stimolare la curiosità durante una semplice passeggiata nel bosco. Da fare lentamente, mi raccomando.









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