Per molti è una tragedia. Per altri il segno dell'incapacità delle autorità forestali di gestire la situazione. Sono pochi quelli che riescono a trovare risvolti positivi alla moria di abeti rossi. Quello che emerge è un amore generalizzato per i boschi e di conseguenza il dispiacere nel vederli differenti. Ma sul banco degli imputati potrebbe essere seduto il fenomeno sbagliato.
Chi ha avuto modo di percorrere vallate alpine ricoperte di foreste di abete rosso avrà sicuramente notato macchie, più o meno estese, di piante rosse e secche in piena estate.
Si tratta di alberi uccisi da un piccolo insetto, l’Ips thypographus, conosciuto come bostrico tipografo. Questo coleottero del gruppo degli Scolitidi, lungo circa 4-5 mm, prende il nome dai disegni che lasciano le sue gallerie sotto la corteccia, le quali evocano un'antica e misteriosa grafia.
E’ endemico dei boschi di conifera ma attacca prevalentemente l’abete rosso, grazie al quale si riproduce e diffonde. Per deporre le uova, la femmina penetra sotto la corteccia e scava delle gallerie di riproduzione. Le larve a loro volta scavano - per nutrirsi - altre gallerie perpendicolari all’asse del fusto, che interrompono il flusso di linfa nel floema e non permettono agli zuccheri di scorrere dalla chioma alle radici. Inoltre, quando penetrano nei tronchi, gli adulti trasportano con sé anche funghi patogeni, che possono ostruire la conduzione dell’acqua nell’albero. Questi attacchi - quando vedono partecipare un elevato numero di insetti - portano gli abeti alla morte proprio nel periodo di vegetazione.
Non è facile individuare una pianta attaccata da bostrico nelle primissime fasi, poiché l'attacco avviene inizialmente nella parte più elevata del tronco. Quando iniziano a comparire i primi sintomi, per la pianta non c'è più nulla da fare. La prima manifestazione della colonizzazione del coleottero è la decolorazione degli aghi su alcuni rami della pianta. A quel punto gli aghi cadono al suolo con la chioma ancora verde, la corteccia inizia a staccarsi e cominciano a notarsi i segni di alimentazione del picchio, che trova nelle larve una fonte di cibo. Quando l'intera pianta diventa rossa, solitamente gli insetti si sono già involati e hanno abbandonato il tronco.
Se questo insetto è sempre presente nei boschi, per quale motivo l'attività vitale del bostrico da endemica è diventata epidemica? I forestali concordano nel ricercare nella tempesta Vaia del 2018 la causa scatenante. In quell'occasione, alcuni milioni di alberi sulle Alpi si erano sradicati in pochi minuti a causa del vento eccezionale e del carico d'acqua che appesantiva le chiome. Il recupero del legname è stato lungo e difficoltoso e addirittura in alcune aree non è stato affatto possibile. Il permanere a terra di grandi quantitativi di piante morte ha permesso alle popolazioni di bostrico di aumentare enormemente di numero e l'impatto sulle altre piante - ancora vive ma indebolite - è stato devastante.
A rendere gli abeti ancora più vulnerabili, si sono messe le persistenti alte temperature e la scarsità di precipitazioni. Secondo alcuni queste sono le cause principali dell'epidemia. Le temperature elevate, anche durante l'inverno, riducono la mortalità dell'insetto e addirittura ne aumentano i cicli riproduttivi annuali. Gli abeti rossi inoltre - con le loro radici superficiali - sono vulnerabili di fronte alla siccità e, quando la quantità d'acqua è insufficiente all'interno della pianta, la produzione della resina - che ha il compito di neutralizzare attacchi di parassiti e patogeni - è troppo scarsa. Ci si aspetta una pullulazione di 5-7 anni, ma molto dipenderà dall'andamento climatico.
L'emergenza climatica mondiale comporterà con grande probabilità dei grandi cambiamenti anche nel volto dei nostri boschi. Studi svizzeri lo hanno rilevato già nel 2016, sollevando l'attenzione sull'inevitabile adattamento necessario nel mondo silviculturale. Dove i boschi vengono gestiti, sarà importante garantire la compresenza di varietà di specie, soprattutto quelle più resistenti e adatte a sopravvivere ai cambiamenti.
Ma se sempre più frequenti infestazioni di bostrico sono evidentemente inevitabili, per quali motivi ci si affanna nel cercare una soluzione? L'abete rosso è la conifera più commercializzata sulle Alpi. Solo nella Provincia Autonoma di Trento - territorio coperto da foreste per il 63% della sua estensione - tra le varie specie, l'abete rosso è il più utilizzato. Non è ancora possibile stimare con precisione l'ammanco di legname causato dall'epidemia, ma si parla già di numeri che si avvicinano a quelli dei danni di Vaia, come estensione e volume. In Trentino, nell’ultimo triennio, il bostrico ha attaccato oltre 594 mila metri cubi di legname, pari a circa il 15% dei danni provocati da Vaia. Il legno bostricato viene comunque utilizzato, ma ci sono gli svantaggi di maggiori costi di lavorazione con aumento degli scarti e della riduzione della possibilità di utilizzo dei semilavorati, a causa dei difetti qualitativi. Sul lungo periodo l'epidemia può portare notevoli danni economici a tutta la filiera dell'utilizzo e lavorazione del legname.
Un ulteriore motivo di preoccupazione è l'inefficienza della funzione di protezione dei boschi più colpiti. In montagna le piante proteggono il fondovalle da cadute di massi, smottamenti e valanghe. Quando gli alberi muoiono, questo importante servizio ecosistemico viene meno.
Come arginare l'avanzata di questo insetto? Il Servizio Foreste e Fauna della Provincia Autonoma di Trento lo ha spiegato in un comunicato stampa: "L'individuazione precoce degli alberi infestati e il loro immediato abbattimento ed esbosco costituiscono la forma più efficace di lotta contro il bostrico. Nel caso invece le chiome siano già arrossate o grigie può essere conveniente, in determinati casi, lasciare le piante in bosco a protezione di quelle ancora sane delle aree circostanti."
Si parla poco dei risvolti naturalistici dell'epidemia. Semplificando, quello che ci si può aspettare è immediatamente una situazione favorevole alla diffusione dei principali antagonisti degli scotilidi, tra cui varie specie di picchio. Inoltre le piante rinsecchite prima o poi cadranno a terra e diventeranno nutrimento per una moltitudine di organismi, tra cui funghi. Dove è sparita la copertura degli abeti, col tempo si creeranno spazi favorevoli alla crescita di altre piante. La natura, insomma, farà il suo corso e ritroverà un proprio equilibrio. Il bosco diventerà naturalmente più resistente.
La concezione utilitaristica delle funzioni dei boschi è permeata talmente in profondità nel nostro tessuto culturale che si fatica a considerare questa prospettiva e si accusa chi governa le foreste di non aver fatto abbastanza per proteggere gli alberi. Nei paesi di montagna spesso la gente si interroga su cosa si stia facendo per il bostrico e si guardano con apprensione i tronchi scortecciati e gli abeti colorati di rosso. Non vengono notati, ad esempio, i fori di alimentazione del picchio e le nuove pianticelle che spuntano dove Vaia aveva "distrutto".
Ho cercato una nuova prospettiva da cui osservare l'azione del bostrico. Una prospettiva che non si focalizzi sull'attività distruttiva, ma che cerchi il risultato - potremmo chiamarlo estetico - di un artista inconsapevole.
I segni grafici nel legno degli insetti xilofagi, la collaborazione coi picchi nella creazione di un nuovo stile, le fiammate rossastre in mezzo al verde brillante dei boschi.
Il vero protagonista è la vittima, l'abete rosso, che suo malgrado si presta a diventare il materiale da lavorare, il soggetto immobile e silenzioso che si fa rosso veramente. Un sacrificio che ai nostri occhi può e deve essere valorizzato.
L'albero esprime la propria sofferenza e il tentativo di resistere, l'insetto dimostra quanto la potenza del numero possa diventare invincibile. Compaiono forme, colori, contrasti.
Il mio consiglio è quello di avvicinarsi e ammirare la forza e la bellezza. E riflettere su quale può essere stato il nostro contributo, con il perseverare nell'immissione in atmosfera dei gas serra.
Grande Gabry!!!
Bellissima analisi e - come al solito - stimolo a considerare altri punti di vista
Bravo Gabriele! Una visione allargata di un fenomeno che subito ti fa pensare alla tragicità della cosa, ma che invece andando ad analizzare nel profondo trova aspetti positivi. Grazie per la tua riceva completa e del lato romantico a cui non avevo mai badato.